È prevalso il buon senso

Più che il successo di Stefano Bonaccini – il candidato del centro sinistra – nelle elezioni regionali del 26 gennaio scorso in Emilia Romagna ha fatto rumore la sconfitta di Salvini. Non perché il segretario della Lega fosse candidato in queste elezioni – la candidata ufficiale era la senatrice Lucia Borgonzoni – ma perché Salvini stesso ha voluto trasformare questa competizione in un referendum sulla sua persona. Non è la prima volta che gli italiani mostrano di essere contrari a riporre in una sola persona le loro aspettative. Era già accaduto nel 2016 quando Renzi, alla stessa maniera di Salvini, volle legare la sua legittimazione politica all’esito del referendum sulla riforma costituzionale che prevedeva, come si ricorda, l’eliminazione del Senato. Gli elettori, senza valutare gli effetti benefici della proposta, che pure erano presenti nella riforma, risposero con un no al referendum voluto da Renzi, decretando, nel contempo, la fine della carriera del giovane leader politico. Se è vero che “la storia è maestra di vita” (Cicerone), i politici dovrebbero sapere, prima di tutto, che gli elettori, più che provocati, vogliono essere tranquillizzati. I modi aggressivi e plateali utilizzati dal Segretario della Lega, oltre a essere mal digeriti dai suoi sostenitori – molti dei quali gli hanno voltato le spalle – sono apparsi eccessivi perfino ai suoi alleati. Berlusconi e la Meloni hanno dichiarato, ad esempio, che non sarebbero mai andati a bussare a quel citofono. Anche l’esplosione del fenomeno delle “sardine” – rivelatosi determinante nell’esito delle elezioni – è stato provocato dagli atteggiamenti ritenuti aggressivi e supponenti del leader leghista. Migliaia di giovani e adulti, in coincidenza con la campagna elettorale per la regione Emilia Romagna, son voluti scendere in quasi tutte le piazza d’Italia per opporre, ai modi di fare di Salvini, uno stile diverso, dialogante e pacifico. Cosi che, da un atteggiamento ritenuto negativo, quello di Salvini, ne è scaturito un altro, quello delle “sardine, sicuramente virtuoso, che ha provocato un’inaspettata mobilitazione della società civile. Rallentando, così, la scalata al potere del leader della Lega dopo due anni di continua ascesa. Prima Bologna, poi Modena, Milano, Roma, Napoli, Palermo e via, via quasi tutte le città d’Italia, si sono unite al grido: “La nostra città non si Lega”. Al di là delle valutazioni politiche che ciascuno trae da queste rappresentazioni, appare evidente come, tra i tanti aspetti, ne sia emerso uno, il buon senso, mostrato dalla maggior parte degli elettori che. nelle loro scelte, non si sono fatti fuorviare da argomentazioni estranee all’oggetto della competizione elettorale. La maggioranza degli elettori emiliani e romagnoli, con il loro voto, hanno, infatti, mostrato di avere ben compreso il motivo per cui si votava. Non la spallata al Governo, come in maniera ossessiva proponeva Salvini e neppure l’affermazione della Lega o la mortificazione dei partiti di maggioranza. In ballo c’era l’amministrazione della loro regione con tutto quello che essa comporta sul piano economico, sociale, amministrativo. Ed è per questo che sono andati in massa a votare, dimostrando, altresì, che l’interesse per la politica aumenta quando ci sono prove importanti da affrontare, di fronte alle quali si infrangono anche i tentativi di parlare alla “pancia” dei cittadini. L’apprezzamento per come ha lavorato l’amministrazione uscente è stato più forte della voglia di cambiare proposta da chi voleva, con un colpo, raggiungere due obiettivi: conquistare la regione e dare una spallata al governo. Fra una scelta insensata e al buio e la conferma del governatore conosciuto, gli elettori si sono fatti orientare dalla realtà della regione in cui vivono e lottano ogni giorno. Così che la paura di fare un passo indietro ha determinato perfino il raddoppio dell’affluenza alle urne, il 67.68%, rispetto al 37.71% delle regionali del 2014. L’auspicio è che la combinazione di tutti questi fattori – il buon governo, la mobilitazione dal basso e un rinnovato stile partecipativo – emersi da questa competizione elettorale, possa costituire una piattaforma da cui partire per un rinnovato modo di fare politica.

di Pino Malandrino

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