A San Pietro il commosso saluto a Benedetto XVI

Il Papa: “Ha elargito sapienza e delicatezza”

Cinquantamila fedeli in Piazza per i funerali del Papa emerito, presieduti da Francesco. Una cerimonia sobria in un’atmosfera di preghiera, con applausi misurati all’ingresso in processione del feretro, sul quale viene poggiato un Vangelo aperto. Quel Vangelo che, dice il Papa nell’omelia, Joseph Ratzinger “ha testimoniato durante la sua vita”: “Affidiamo il nostro fratello alle mani del Signore”. 

“Vogliamo, come comunità ecclesiale… affidare il nostro fratello alle mani del Padre: che queste mani di misericordia trovino la sua lampada accesa con l’olio del Vangelo, che egli ha sparso e testimoniato durante la sua vita”.

Dinanzi alla Basilica petrina – sedute, in piedi, al centro, ai lati e dietro le transenne – ci sono 50 mila persone di ogni età e nazionalità. Sono giovani, moltissimi giovani, laici e soprattutto sacerdoti, poi famiglie, suore, gruppi dall’Italia e dalla Germania, con bandiere, stendardi e cartelli con scritte come “Danke Papst Benedikt!”. 

L’omelia del Papa si snoda a partire dalle ultime parole di Gesù in croce: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. E sulla figura di Cristo si concentra la riflessione del Pontefice, così come si è concentrata su Cristo l’intera vita di Ratzinger fino agli ultimi suoi battiti.

Sono mani, quelle di Dio, “di perdono e di compassione, di guarigione e di misericordia, mani di unzione e benedizione”, dice il Papa. Mani anche “piagate che vanno incontro e non cessano di offrirsi, affinché conosciamo l’amore che Dio ha per noi e crediamo in esso”. Francesco parla di “dedizione grata di servizio al Signore e al suo Popolo che nasce dall’aver accolto un dono totalmente gratuito” e di “dedizione orante, che si plasma e si affina silenziosamente tra i crocevia e le contraddizioni che il pastore deve affrontare e l’invito fiducioso a pascere il gregge”.

 “Il Signore va generando la mitezza capace di capire, accogliere, sperare e scommettere al di là delle incomprensioni che ciò può suscitare”, afferma Papa Francesco. “Pascere vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire”. È la “dedizione sostenuta dalla consolazione dello Spirito”, rileva il Papa, è la “testimonianza feconda di coloro che, come Maria, rimangono in molti modi ai piedi della croce, in quella pace dolorosa ma robusta che non aggredisce né assoggetta”.  

Saldamente legati alle ultime parole di Gesù e alla sua testimonianza “vogliamo, come comunità ecclesiale, seguire le sue orme e affidare il nostro fratello alle mani del Padre: che queste mani di misericordia trovino la sua lampada accesa con l’olio del Vangelo, che egli ha sparso e testimoniato durante la sua vita”, dice Papa Francesco. Cita infine San Gregorio Magno che, al termine della Regola pastorale, invitava ed esortava un amico a offrirgli compagnia spirituale: “In mezzo alle tempeste della mia vita, mi conforta la fiducia che tu mi terrai a galla sulla tavola delle tue preghiere, e che, se il peso delle mie colpe mi abbatte e mi umilia, tu mi presterai l’aiuto dei tuoi meriti per sollevarmi”.

 “Il Popolo fedele di Dio che, riunito, accompagna e affida la vita di chi è stato suo pastore”, prosegue il Pontefice. “Come le donne del Vangelo al sepolcro, siamo qui con il profumo della gratitudine e l’unguento della speranza per dimostrargli, ancora una volta, l’amore che non si perde; vogliamo farlo con la stessa unzione, sapienza, delicatezza e dedizione che egli ha saputo elargire nel corso degli anni”.  

“Benedetto, fedele amico dello Sposo, che la tua gioia sia perfetta nell’udire definitivamente e per sempre la sua voce!”

di Salvatore Cernuzio Vatican News

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