Salute e malessere sociale

Era nell’aria. Quello che, da tempo, si prevedeva, sta accadendo proprio in questi giorni: è esplosa la rabbia di chi è nel bisogno. Al di là delle speculazioni messe in atto da chi soffia sul fuoco per scopi politici o per perseguire obiettivi criminali, le manifestazioni, che si svolgono in questi giorni in tutte le piazze d’Italia, rivelano il malessere sociale scaturito dall’impoverimento di milioni di persone. Quei comportamenti virtuosi che consentirono di governare il virus nella prima fase della pandemia, stanno venendo a mancare proprio nel momento in cui ci si avvia a un nuovo lockdown. I vari interessi sembrano essere in contrapposizione fra loro: o si garantisce il lavoro o la salute! Al punto che sempre più spesso si sente ripetere, come un mantra, la frase: “È meglio morire di malattia che di fame”. Come si fa, d’altronde, a rimanere insensibili di fronte al dramma di chi perde il lavoro, alle difficoltà dei piccoli commercianti e artigiani che, dopo avere tentato di rialzarsi, impiegando ingenti somme per adeguare i loro esercizi, sono costretti a chiudere nuovamente? Come non comprendere la disperazione di tanti padri di famiglia precari, impiegati nel sommerso e, perciò, non garantiti? Nella prima fase il Paese si scoprì compatto, solidale, unito dalla speranza che tutto sarebbe andato bene. Oggi quella fiducia è venuta meno: stiamo scoprendo di essere impreparati a gestire la nuova situazione. Così che l’Italia si trova ora a fronteggiare, contemporaneamente, due pericoli: la pandemia e la piazza. Con la prospettiva di dovere arrivare, come già è avvenuto in quasi tutti i Paesi europei, a dichiarare lo stato di emergenza, con conseguente sospensione di ogni attività. Ma come si è arrivati a questa situazione, ci si chiede da ogni parte? All’inizio dell’estate, convinti di esserci lasciato il virus alle spalle, siamo tornati a vivere come se nulla fosse accaduto. Abbiamo ripreso ad affollare piazze, spiagge e ritrovi; ci siamo spostati da una regione all’altra; quelli del nord si sono recati al sud e viceversa; abbiamo ripreso i viaggi all’estero e gli stranieri, anche se in misura contenuta rispetto agli anni passati, sono venuti in Italia. Nonostante le raccomandazioni degli scienziati a non abbassare la guardia, con i nostri comportamenti, spesso disinvolti, abbiamo contribuito a creare le condizioni perché il virus rialzasse la testa. Da parte sua, il governo, nonostante le ingenti somme stanziate e le tante cose utili realizzate, ha mostrato vistosi limiti nella gestione complessiva della situazione. Di fronte all’avanzare progressivo del virus, non ha saputo tenere il polso fermo, temendo, da una parte l’impopolarità e dall’altra l’ostracismo dei partiti di opposizione. Mai si è accennato a una lettura critica della situazione o a una rimodulazione dei provvedimenti assunti. Forte dei risultati ottenuti nella prima fase nel contenimento della pandemia, il Presidente del Consiglio anziché puntare sugli ulteriori passi per mettere in sicurezza il Paese, si è speso per sottolineare i nostri “successi” rispetto a quelli degli altri Paesi e a ripetere, continuamente, che “tutto andava bene”! Da parte loro i partiti di opposizione non hanno tralasciato occasione per avversare e mettere in berlina ogni iniziativa annunciata dal Governo. Sono mancati la coesione nazionale e l’amore per il Paese: rispetto al bene comune, si è scelto il bieco interesse di parte. Cosa fare ora? Continuare a “piangere sul latte versato” non giova a nessuno. I cittadini stanchi e logorati da una lunga prova, hanno bisogno di serietà, responsabilità e chiarezza da parte di tutta la classe politica. Spesso abbiamo evocato lo spirito che animò la ricostruzione del Paese dopo la seconda guerra mondiale. Dobbiamo tornare a parlare e pensare uniti come in quella circostanza, ben sapendo che chi -governo o opposizione- farà il primo passo ne acquisterà grande consenso nell’opinione pubblica. “E’ il momento di una leale fattiva collaborazione tra le istituzioni della Repubblica”, ha detto Mattarella dopo i disordini di Napoli. L’auspicio è che l’invito del Presidente venga raccolto da tutte le forze politiche e sociali, perché soltanto uniti potremo costruire un nuovo futuro per il Paese!.

di Pino Malandrino

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