Manovra finanziaria e prospettive del Paese
La manovra finanziaria costituisce, senza dubbio, il documento centrale per il funzionamento dello Stato; sembra eccessivo, tuttavia, il tempo e lo spazio che occupa nel dibattito politico. Con il risultato di fare preoccupare, spesso inutilmente, cittadini e imprese. A questo rito, nel tempo, non si è sottratta alcuna forza: i partiti che sono al governo oggi, come quelli che vi si trovavano ieri, nessuno escluso. La manovra finanziaria, che da lunedì si trova in Parlamento per essere approvata entro il 31 dicembre, inizia ad animare il dibattito già in piena estate, quando il governo deve individuare i capisaldi su cui costruirla. Infatti, entro il 27 settembre di ogni anno, viene inviata alle Camere la nota di aggiornamento sui dati principali su cui poggia: la ricchezza (PIL) che si prevede di realizzare nell’anno successivo e l’indebitamento (deficit) necessario per finanziare i bisogni della collettività. Il tutto tenendo conto degli accordi di finanza pubblica – patto di stabilità e di crescita – sottoscritti a Maastricht da tutti gli Stati europei. Inizia, quindi, quel percorso, lungo tre mesi, durante il quale attorno alla manovra si sviluppa, quotidianamente, un acceso dibattito prima all’interno delle forze di maggioranza, poi fra il governo e l’opposizione e, infine, fra l’esecutivo, i sindacati e le categorie interessate.
Col paradosso che, fra conferme e continue smentite delle singole misure, prima di avere contezza di quanto la manovra finanziaria inciderà nella situazione del Paese e in quella di ciascuno di noi, dovremo aspettare la fine dell’anno. Ma ciò che più preoccupa non sono tanto i vantaggi o i possibili danni che possono venire dalla manovra – si tratta, nell’uno e nell’altro caso, di ben poca cosa – quanto le prospettive scoraggianti che emergono dal livello scadente del dibattito. A preoccupare le forze politiche – di maggioranza e di opposizione – non sono, infatti, le condizioni in cui si trova il Paese e neppure le sollecitazioni e gli allarmi che provengono da ogni parte del mondo, sull’inquinamento ambientale, sull’invecchiamento dei Paesi occidentali, sulle cause e sulle conseguenze dei fenomeni migratori (non l’arrivo della nave o della barchetta con qualche centinaio di migranti!) e su tanti altri fenomeni sociali. I nostri politici sembrano ossessionati soltanto dalle competizioni elettorali e dai sondaggi d’opinione. Così, anche i provvedimenti più sensati, come quelli che, ad esempio, tendono a tassare e scoraggiare l’utilizzo dei prodotti inquinanti o quelli finalizzati a contrastare l’eccessiva evasione fiscale, vengono prima decisi dal governo, poi ritirati o rettificati, a seconda delle reazioni della piazza. Sul versante delle opposizioni stesso atteggiamento: i partiti che contrastano il governo, si limitano, in nome del popolo, a mettere in berlina, con efficaci slogan, le proposte dell’esecutivo, senza fornire, in cambio, motivazioni convincenti del perché della loro contrarietà alle misure del governo e senza avanzare, cosa ancora più grave, proposte serie alternative. Al di là delle facili battute e slogan, le forze politiche, sia di maggioranza che di opposizione, quale progetto hanno per il Paese rispetto alle questioni cosiddette strutturali? Come intendono affrontare, ad esempio, il divario fra nord e sud, i problemi della sanità, dell’istruzione, delle pensioni per le future generazioni, il fenomeno dei giovani in fuga, la solitudine degli anziani e le tante altre criticità? Soltanto con quota cento e reddito di cittadinanza? Con questi presupposti, su quale schieramento – di destra, di sinistra o di centro- possiamo riporre il nostro futuro? “Senza un disegno di riforme istituzionali e politiche adeguate – scrive il Regno, la rivista dei dehoniani – senza opposizione democratica, senza soggetti alternativi, l’Italia è, oggi, il Paese più a rischio in Europa”. In questa situazione, continua, ”la Chiesa italiana non può rimanere assente o in disparte, non può tacere: ha una responsabilità storica quanto all’annuncio, all’educazione, all’edificazione della fede cristiana e alla promozione umana”. Se non è più tempo di un partito cattolico, è certamente tempo di una nuova stagione d’impegno.
di Pino Malandrino