La scuola che non c’è
È suonata l’ultima campanella, è iniziato il rito degli esami di licenza media e di maturità, conclusivi del percorso didattico, i docenti e gli operatori scolastici attendono con ansia la pausa delle ferie estive.
A Palazzo Minerva di Viale Trastevere il nuovo “inquilino”, il Ministro Marco Bussetti, comincia ad affrontare le tante e complesse emergenze del mondo della scuola, sempre avviluppata dalla pesante coltre dei ricorsi e dalle molteplici eterne pendenze che non trovano soluzioni adeguate.
Riuscirà il nuovo Ministro a dare risposte adeguate ad una scuola che cambia volto e identità?
Dai primi segni si evidenzia un buon inizio: la visita a Macerata dopo il terremoto “per dire grazie agli studenti”, valorizzare le eccellenze e presentare l’idea di scuola citando Antonio Rosmini: “I ragazzi non hanno diritto, ma “sono il diritto” e per questo dobbiamo amarli”.
Oggi la scuola non funziona più da ascensore sociale solo il 10,6% dei genitori con la sola licenza media ha figli laureati e si rafforza le disuguaglianze.
“Il futuro di un ragazzo può dipendere dal voto della terza media”, scrive senza mezzi termini Veronica Passeri su Il Giorno, il Resto del Carlino e La Nazione, precisando che questi giovani, quelli che non ce la fanno, non andranno al liceo, non conseguiranno una laurea.
Neppure l’università è una svolta: sono 1,5 milioni i diplomati e i laureati che svolgono un lavoro inadeguato al proprio titolo di studio.
Questi dati, rilanciati da Ceripnews, emergono dal Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, e deve far riflettere: la quota di alunni che scelgono il liceo aumenta al crescere del voto della terza media: il 40,4% di chi prende 7, il 62,9% di chi prende 8, 1’81% di chi prende 9, il 90,9% di chi prende 10 e il 94,2% di chi prende 10 con lode. Nell’ultimo anno scolastico solo il 22% di chi ha preso 6 alla licenza media è andato al liceo, gli altri si sono iscritti agli istituti tecnici o professionali spiega la ricerca del Censis.
Le scuole si differenziano e gli esiti finali sono altrettanto variegati, perché non basta assicurare la scuola per tutti, ma occorre garantire la scuola per ciascuno, aiutando gli studenti a sviluppare tutte le potenzialità che diventano capacità, abilità e competenze.
La scuola pubblica non è in grado di assicurare pari opportunità a tutti, a prescindere dal titolo di studio dei genitori e fatto salvo il merito di ciascuno.
Viene, così, disatteso il dettato costituzionale che garantisce pari opportunità per tutti i cittadini, senza distinzione.
Nella scuola paritaria che offre un servizio pubblico ed esercita la libertà di scelta educativa, si manifesta ancor più il divario determinato dal costo della retta scolastica, che potrebbe trovare adeguata soluzione adottando il “costo standard di sostenibilità”, come afferma Suor Anna Monia Alfieri delle Suore Marcelline di Milano.
Nel mondo del lavoro l’anno scorso i forzati del demansionamento sono stati il 41,2% dei diplomati e il 32,4% dei laureati. La metà dei 15-34enni occupati che si sono diplomati al liceo svolge un lavoro inadeguato rispetto al titolo di studio, così come il 37,3% dei maturati presso gli istituti tecnici, il 40,8% se si considerano gli istituti professionali.
Il tanto proclamato PECUP (Profilo Educativo Culturale e Professionale), è rimasto una delle tante sigle che affollano l’universo scolastico, e la tensione alla costruzione del profilo professionale di tutti e di ciascuno e quindi l’ottica del domani, del futuro dei giovani, rimane emarginata e disattesa.
Il bilancio di fine anno, fa registrare piccoli progressi; sono state realizzate molteplici iniziative e attività, anche se permangono gli annosi problemi degli organici, i trasferimenti, la mancanza del personale e tutto ciò rende ancora tanto lontana la meta da raggiungere.
di Giuseppe Adernò